Ti rispondo quando me la sento…

La “cultura dell’urgenza” e il dare troppe spiegazioni

Ciao ragazzi, oggi volevo scrivere un altro po’ sulla “cultura dell’urgenza”, o per meglio dire, su di uno dei tanti aspetti della cultura dell’urgenza. Adesso abbiamo gli smartphone e le App di messaggistica istantanea…e questo può viziare determinati meccanismi, in un certo senso si è creata l’idea che si dovrebbe essere in costante comunicazione gli uni con gli altri, visto che la tecnologia ce lo permette.

Inizio col dire che non abbiamo bisogno di “tornare” immediatamente dalle persone. L’idea che si dovrebbe essere in costante comunicazione può essere tossica. La cultura dell’urgenza sta proprio nell’aspettativa della società di essere sempre disponibili o “produttivi”. Porta il nostro corpo in uno stato cronico di lotta o fuga e crea ansia nelle nostre relazioni (se non sai di cosa sto parlando è tutto spiegato nell’articolo “Come capire i tuoi schemi” nella sezione di Psicologia Olistica).

La cultura dell’urgenza nelle relazioni è aspettarsi che qualcuno risponda immediatamente o sentirsi come se si dovesse rispondere immediatamente a qualcuno. Questo vorrebbe dire essere disponibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Sentirsi in colpa per l’ansia di non rispondere

La tecnologia ha cambiato davvero il nostro modo di comunicare, possiamo sentire proprio questa pressione di essere in costante comunicazione o di dover dare risposte immediate. Solo perché abbiamo nuovi mezzi per comunicare, non significa che dobbiamo essere in costante comunicazione. È necessario avere confini chiari. Dobbiamo disimparare la cultura dell’urgenza anche in questo aspetto.

Ciò significa non aspettarsi una risposta da qualcuno entro un certo periodo di tempo, “tornare” alle persone quando abbiamo l’energia e la capacità per farlo (avendo confini), concedersi tempo e spazio per fare delle scelte sugli inviti ed anche non attribuire significato al modo in cui le persone comunicano; possiamo diventare consapevoli che ognuno ha un diverso livello e stile di comunicazione. 

La società ha molte idee su cosa significhi essere “in contatto”. Ad esempio: “Se gli importasse, chiamerebbero loro…” In realtà, tutti comunicano in modo diverso e non è un segno diretto di ciò che provano per noi, personalmente. Questo aspetto a volte per me ancora è motivo di sofferenza. Questo perché sto ancora trasformando, sto continuando a fare il lavoro di smantellamento di tutti gli schemi acquisiti; lo schema in questo caso è dato dall’”Adulazione” (People Pleasing). 

È stata un’abitudine ansiosa che ho sviluppato anteponendo i bisogni delle persone ai miei. Dire di no o avere dei limiti sembrava una minaccia fisica nel mio corpo. Per esperienza diretta posso dire che solo quando siamo diretti e onoriamo i nostri limiti, le persone ci rispettano davvero. Le persone “sane” addirittura sosterranno e loderanno questo nuovo atteggiamento.

Quando io vedo una persona che si rispetta o mi chiede un momento per sè, io le comunico sempre la mia approvazione ed incoraggio quel comportamento! 
Avete o avevate anche voi questa “abitudine”?

Foto di Pradamas Gifarry su Unsplash

Dalla mia esperienza, condivido con voi dei promemoria che mi sono creata per aiutarmi a trasformare quest’attitudine durante il mio percorso di autoguarigione. 

Per far fronte alla cultura dell’urgenza sicuramente dobbiamo diventare consapevoli di quando il nostro sistema nervoso ha bisogno di una pausa dalla comunicazione; prendendoci questo “spazio” per noi (all’inizio non sarà facile) prenderemo sempre più coscienza del fatto che non dobbiamo rispondere subito a nessuno (soprattutto se ha una richiesta). Possiamo prenderci lo spazio per riflettere – se ci sentiamo ansiosi per una risposta, possiamo trovare dei modi per calmarci.

Ci sono tantissimi strumenti per regolare il sistema nervoso, ognuno usa quelli che funzionano meglio per Sè stesso:) 
Non aspettarti che tutti condividano le tue convinzioni su quanto dovresti “essere in contatto”. Fai sapere alle persone che non è un buon momento: va benissimo non essere in uno spazio per chattare con qualcuno: “Sto passando una giornataccia e apprezzo che tu mi contatti, ti contatterò quando X, ciao…”

Un altro comportamento dal quale mi sto sempre più liberando è il sentire di dover dare spiegazioni sempre e sentire la paura di non essere capita o creduta.

Anche tu sei una persona che si spiega “troppo”? Condivido qui cosa mi ha aiutato a rompere l’abitudine ed a sentirmi più sicura anche su questo aspetto. Premetto già che all’inizio, come in tutte le azioni fatte in contro tendenza dal nostro solito, potrebbe risultare disagevole non dare spiegazioni come siamo abituati a fare. È la minaccia che sentiamo nel corpo.

La spiegazione eccessiva deriva da modelli di “Adulazione”. Riteniamo di dover fornire un ragionamento o una spiegazione che non deluderà o “sconvolgerà” gli altri. Sviluppiamo schemi che ci fanno dare spiegazioni eccessivamente quando le nostre paure, emozioni o pensieri sono stati invalidati dalle figure genitoriali oppure quando i nostri genitori parlavano di noi ignorando la nostra presenza.

Una persona che ha la tendenza di spiegarsi eccessivamente può essere stata sottoposta ad abusi emotivi o alla vergogna, oppure ha subito dure punizioni per gli errori che ha commesso.

Avete mai ricevuto o scritto questo tipo di messaggio? Dare troppe spiegazioni suona più o meno così: “Mi dispiace così tanto di non potercela fare. Sto lottando con la mia salute e devo andare a fare delle visite. Vorrei davvero poter essere lì la prossima volta, mi assicurerò di non mancare! Sono anche indietro con il lavoro. Non sei arrabbiato con me, vero? Non posso farci niente, mi dispiace..”

Io ho ricevuto questi tipi di messaggi. Ed ho potuto comprendere il cuore di chi me li scriveva perché anche io li ho scritti. Io so bene la prigione in cui è intrappolato il cuore di chi scrive in questo modo. E sempre dalla mia esperienza posso dire che finché non ho insegnato al mio sistema nervoso che è “sicuro” rispettarsi, pochissimi mi hanno capito, ma la stragrande maggioranza non faceva altro che instillarmi sensi di colpa.

Ora, ovviamente non ce l’ho con nessuno, non si tratta di chi ha ragione o torto, il punto è che ognuno di noi ha i suoi traumi. Quindi, anche un amico di cui noi necessitiamo il supporto magari in quel momento non è in grado di darcelo perché per i traumi che ha nutre l’aspettativa verso di noi.

Di conseguenza, non avremmo di risposta delle parole incoraggianti, ma magari una risposta fredda, corta, che ben ci fa capire quanto lo abbiamo deluso…ma queste sono dinamiche che è normale che ci siano perché siamo circondati da un collettivo traumatizzato nella maggior parte dei casi. 

Foto di Daniel Lonn su Unsplash

La cosa più utile da fare è focalizzarci su noi stessi e portare la salute, la sanità nella propria vita. Il resto viene tutto di conseguenza. Poi, chi vuol restare accanto a noi e rimettersi in discussione è libero di restare, a chi non piace questa nuova, autentica versione di noi stessi è altrettanto libero di allontanarsi…

Possiamo notare che nel mentre stiamo dando mille spiegazioni ci sembra di essere fuori controllo e non riusciamo a smettere di parlare. Ciò è dovuto al sistema nervoso. Sta percependo una minaccia. Molti di noi, purtroppo, hanno imparato fin dalla giovane età che essere apprezzati o approvati dagli altri è più importante dei nostri limiti e dei nostri confini. Il bello è anche che non ci rendiamo conto che le nostre spiegazioni eccessive suscitano ansia nell’altra persona. Possiamo confonderla…e quindi non è detto che riesca a confortarci o a rassicurarci.

Come eliminiamo l’abitudine di spiegarci troppo? Facciamo pratica. Tutti i giorni, ancora e ancora, finché il nostro sistema nervoso non si adatta e la nostra finestra di tolleranza allo stress diventa sempre più ampia.

Quando mi emerge il disagio dal comportarmi diversamente, ossia senza stare a dare troppe spiegazioni, io mi sforzo di ricordarmi questo: “Non ho bisogno di spiegare ogni scelta che faccio, sono libera di avere limiti e confini, le mie esigenze contano e le persone che sono sane sostengono i miei limiti”. Quando date risposte brevi e concise osservate come le persone rispondono subito in modo diverso. Parte tutto da noi. 

Grazie per avermi letto fin qui e a presto! 🙂 

Rosa

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