Una relazione seriamente a distanza
Si pensa che l’entanglement quantistico sia uno dei concetti più complicati della scienza, ma la questione fondamentale è semplice. L’entanglement (in italiano: intreccio, correlazione) è un fenomeno bizzarro che spiega come due particelle subatomiche possano essere intimamente legate tra loro anche se separate da uno spazio di miliardi di anni luce.
Nel 1964, il fisico John Bell ha ipotizzato che si possono indurre, o verificare spontaneamente, dei cambiamenti nelle particelle anche se le particelle sono molto distanti. Il teorema di Bell è considerato un concetto importante nella fisica moderna, ma è in conflitto con altri principi fisici ben consolidati.
Albert Einstein aveva dimostrato anni prima che Bell proponesse il suo teorema che l’informazione non può viaggiare più veloce della velocità della luce. Ha concluso che l’entanglement quantistico di una singola particella era impossibile e che la definizione quanto-meccanica della realtà fisica necessitava ancora di “un po’ di lavoro”.

Alain Aspect, John Clauser e Anton Zeilinger hanno vinto il Premio Nobel per la Fisica 2022 per aver effettuato degli esperimenti che hanno dimostrato la natura strana, profondamente quantistica della realtà. I loro esperimenti hanno stabilito collettivamente l’esistenza di questo bizzarro fenomeno quantistico noto come entaglement, in cui due particelle ampiamente separate sembrano condividere informazioni nonostante non abbiano nessun modo concepibile di comunicare.
L’entanglement, un elemento della meccanica quantistica in cui due o più particelle esistono in uno stato condiviso – indipendentemente dalla distanza tra loro – aveva a lungo perplesso la comunità scientifica.
Il trio di fisici, nominati vincitori congiunti del Premio Nobel in Svezia, ha dimostrato il potenziale per indagare e controllare le particelle che si trovano in stati “entangle”, gettando le basi per una nuova era della tecnologia quantistica. Ciò che accade a una particella in una coppia entangled determina ciò che accade all’altra, anche se sono davvero troppo distanti per influenzarsi a vicenda.
I fondamenti della meccanica quantistica non sono solo una questione teorica o filosofica. Sono in corso intense attività di ricerca e sviluppo per utilizzare le proprietà speciali dei singoli sistemi di particelle per costruire computer quantistici, migliorare le misurazioni, costruire reti quantistiche (network quantistici) e stabilire comunicazioni crittografate quantistiche sicure.
Si dice che Albert Einstein definì l’entanglement “azione spettrale a distanza”. Ma è veramente così? Che cosa intendeva realmente Einsten?
La maggior parte delle fonti su internet afferma che “l’azione spettrale a distanza” a cui si riferiva Einstein, riguardi l’entanglement. Wikipedia per esempio ( https://en.wikipedia.org/wiki/Quantum_entanglement ). Troverete anche un sacco di video su YouTube che dicono la stessa cosa, cioè che “l’azione spettrale a distanza” di Einstein riguardava l’Entaglement ( https://www.youtube.com/watch?v=JFozGfxmi8A ).
Ma probabilmente non era quello che voleva intendere Einstein. Vediamo cosa forse voleva dire.
L’origine della frase “azione spettrale a distanza” viene da una lettera che Einstein ha scritto a Max Born (fisico tedesco naturalizzato britannico, premio Nobel per la Fisica nel 1954) nel marzo del ’47; Einstein spiega a Born perché non crede che la meccanica quantistica possa descrivere davvero come funziona il mondo.
Il libro a cui ho fatto riferimento per la lettera è Scienza e vita. Lettere (1916-1955), di Albert Einstein (Autore), Max Born (Autore), Hedwig Born (Autore), M. Dorato (a cura di), 2015, Mimesis Editore.
Inizia rassicurando Born di sapere perfettamente che la meccanica quantistica ha molto successo: “Capisco naturalmente che il formalismo statistico che hai sperimentato cattura una verità significativa.” … Ma poi continua a spiegare il suo problema. Einstein scrive: “Non posso credere seriamente [nella meccanica quantistica] perché la teoria è incompatibile con il requisito per cui la fisica dovrebbe rappresentare la realtà nello spazio e nel tempo senza un’azione spettrale a distanza…” … Ecco qui, l’azione spettrale a distanza. Ma esattamente a cosa si riferiva Einstein?
Prima di inoltrarci in questo, ricordiamoci rapidamente come funziona la meccanica quantistica. Nella meccanica quantistica, tutto è descritto da una funzione d’onda di solito indicata con il simbolo della lettera greca Psi (maiuscolo Ψ , minuscolo ψ). Dalla funzione d’onda calcoliamo le probabilità per i risultati della misurazione, ad esempio la probabilità di trovare una particella in un dato luogo particolare. Lo facciamo prendendo il quadrato assoluto della funzione d’onda.
Ma non possiamo osservare la funzione d’onda stessa. Osserviamo solo il risultato della misurazione. Questo significa soprattutto che se facciamo una misurazione per la quale il risultato non era sicuro al cento per cento, allora dobbiamo improvvisamente “aggiornare” la funzione d’onda. Questo perché nel momento in cui misuriamo la particella, sappiamo che c’è o non c’è. E questo aggiornamento è istantaneo. Accade allo stesso tempo ovunque, apparentemente più veloce della velocità della luce. Probabilmente era questo ciò di cui Einstein era preoccupato; ne aveva parlato già vent’anni prima, nella discussione al Quinto Congresso Solvay del 1927 ( il tema del Congresso era “Elettroni e fotoni”).
Nel 1927, Einstein usò il seguente esempio. Supponiamo di dirigere un fascio di elettroni su uno schermo con un piccolo foro e vedere cosa succede con un singolo elettrone. Avremo la diffrazione della funzione d’onda dell’elettrone sul foro, il che significa che questa si diffonderà simmetricamente in tutte le direzioni. Poi effettueremo la misurazione ad una certa distanza dal foro. L’elettrone ha la stessa probabilità di essere andato in qualsiasi direzione. Ma se lo misurate, lo troverete improvvisamente in un punto particolare. Einstein argomenta: “L’interpretazione, secondo la quale [il quadrato della funzione d’onda] esprime la probabilità che questa particella si trovi in un dato punto, assume un meccanismo d’azione del tutto particolare a distanza, che impedisce all’onda continuamente distribuita nello spazio di produrre un’azione in due punti sullo schermo.”
Quello che vuole dire Einstein è che in qualche modo la funzione d’onda sul lato sinistro dello schermo “deve sapere” che la particella è stata effettivamente rilevata dall’altro lato dello schermo. Nel 1927 non definì questa azione a distanza “spettrale” ma “peculiare”, ma potremmo pensare che si riferisse alla stessa cosa. Tuttavia, nell’argomentazione sugli elettroni di Einstein, non è chiaro cosa stia agendo su cosa. Perché c’è solo una particella. Questo è il motivo per cui, Einstein insieme a Podolsky e Rosen in seguito guardò alla misurazione di due particelle che sono entangled, che portò poi, nel 1935, al loro famoso paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen – (Paradosso EPR).
Paradosso EPR: “un esperimento mentale con cui Albert Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen dimostrarono che dall’interpretazione di Copenaghen della meccanica quantistica deriva teoricamente il fenomeno dell’entanglement, considerato paradossale perché ritenuto incompatibile con la relatività ristretta (che considera la velocità della luce la massima alla quale può viaggiare qualunque tipo d’informazione) e, più in generale, con il principio di località. Da ciò scaturì la loro convinzione che la teoria quantistica fosse incompleta, ovvero comprendesse variabili nascoste” (da Wikipedia, link: https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Einstein-Podolsky-Rosen ).
Ecco perché entra in gioco l’Entaglement: perché servono almeno due particelle per dimostrare che la misurazione di una particella può agire sull’altra particella.
Ma l’entaglement, in sé per sé, non è problematico. È solo un tipo di correlazione, e le correlazioni possono essere non-locali senza che ci sia alcuna “azione” a distanza. Per capire di cosa stiamo parlando, dimenticati per un attimo della meccanica quantistica. Supponiamo che io abbia due calzini identici, tranne per il fatto che uno sia rosso e l’altro blu. Li metto in due buste identiche e te ne ho spedita una. Nel momento in cui apri la busta e vedi che il tuo calzino è rosso, sai che il mio calzino è blu. Questo perché le informazioni sul colore dei calzini sono correlate, e questa correlazione può estendersi su grande distanza. Non c’è alcuna azione spettrale in corso, anche perché tale correlazione è stata creata localmente.
Tali correlazioni esistono ovunque e vengono create continuamente. Immaginate per esempio di far rimbalzare una palla da un muro e di farla tornare indietro. Quest’azione trasferisce slancio al muro. Non puoi vedere quanto, ma sai che lo slancio totale è conservato, quindi lo slancio del muro è ora correlato a quello della palla. L’entaglement è una correlazione tipo questa, solo che si può creare soltanto con le particelle quantiche.
Supponiamo di avere una particella con spin (rotazione) totale zero, che decade in due particelle che possono avere spin più o meno uno (+1;-1). Una particella va a sinistra, l’altra a destra. Non sapete quale particella ha quale spin, ma sapete che lo spin totale (0) si conserva. Quindi, o la particella che va a destra ha spin +1 e quella che va a sinistra -1 , o viceversa. Secondo la meccanica quantistica, prima di aver misurato una delle particelle, in entrambi i lati esistono entrambe le possibilità. Potete allora misurare le correlazioni fra gli spin di entrambe le particelle con due rivelatori rispettivamente posizionati a destra e a sinistra.
Scopriamo che le correlazioni di entaglement possono, in determinate circostanze, essere più forti delle correlazioni non-quantiche. Ed è questo che le rende così interessanti. Ma non c’è alcuna azione spettrale nella correlazione appena descritta. Queste correlazioni sono state create localmente.
Quello che invece preoccupa Einstein è che una volta che si misura la particella da un lato, la funzione d’onda per la particella dall’altro lato cambia. Ma non è stato lo stesso con i due calzini? Prima di aprire la busta la probabilità era 50-50 e poi quando si apre, salta a 100:0. Ma non c’è nessuna azione spettrale. È solo che la probabilità era una dichiarazione su quello che sapevi, e non su quello che era veramente il caso. In realtà, quale calzino era in una determinata busta era già stato deciso quando li ho inviati. Sì, questo spiega il caso dei calzini. Ma nella meccanica quantistica questa spiegazione non funziona.
Il pensare che in realtà era già deciso quale dei due spin doveva andare in una data direzione quando sono stati emessi, non creerà correlazioni sufficientemente forti. Einstein non lo sapeva. Questo tipo di esperimenti furono fatti solo dopo la sua morte.
Einstein però sapeva che usando stati entangled si poteva dimostrare se l’azione spettrale fosse reale o no. Molta gente, un po’ semplicista, afferma che Einstein si sbagliava sulla meccanica quantistica. Ma se leggete ciò che Einstein ha scritto, vi accorgete di quanto sia stato estremamente attento nell’esprimersi e, tuttavia, la maggior parte dei fisici ha respinto le sue preoccupazioni. Nell’aprile 1948, ripete la sua argomentazione a Born. Egli scrive che una misurazione su una parte della funzione d’onda è un “intervento fisico” e che “un tale intervento non può influenzare immediatamente la realtà fisica in una parte lontana dello spazio.” Einstein conclude: “Per questo motivo tendo a credere che la meccanica quantistica sia una descrizione incompleta e indiretta della realtà che sarà poi rimpiazzata da una completa e diretta”.
Einstein non pensava che la meccanica quantistica fosse sbagliata. Pensava che fosse incompleta, che mancasse qualcosa di fondamentale. E secondo me, la definizione “azione spettrale a distanza” si riferiva all’aggiornamento della misurazione, non all’entaglement.

Beh… che dire? Secondo la fisica quantistica una particella che vibra a causa del suono che emetti quando parli può influenzare istantaneamente una molecola all’interno di una stella ai margini dell’universo. Questo è, in pratica, il fenomeno dell’entaglement quantistico. Quindi direi innanzitutto, che la più grande illusione dell’universo è l’illusione della separazione. L’illusione della dualità è all’origine di tutti i mali della vita, ma su questo avrei da scrivere fiumi e fiumi di parole… e visto che sto anche scrivendo un altro libro, approfondirò lì il concetto. Di certo, tornerò a parlarne in misura minore anche qui sul blog ovviamente, non mi posso trattenere ahahah
Comunque sia è divertente, vero? come possiamo sentirci così soli a volte…mentre in realtà siamo letteralmente connessi a tutto!
Dal greco ἄτομος – àtomos – atomo = indivisibile. Fate un po’ voi …
Ricorda: non credere a tutto quello che pensi!
Grazie per avermi letto fino a qui e a presto!
Rosa